13 aprile 2012
Autorizzazione per passi carrabili
Materia:
Codice della Strada
Il fatto
L'agenzia concessionaria delle Entrate per conto del comune da cui dipendo, con il fine di recuperare quote di evasione/elusione e aumentare la base imponibile relativa a canoni e tributi comunali, ha di recente terminato una censimento su tutto il territorio comunale delle occupazioni permanenti che insistono su suolo pubblico e che hanno valenza ai fini dell'applicazione della COSAP e CIMP, riscontrando i rilevatori tributari, relativamente ai passi carrabili migliaia di abusi.
Gli accertatori dell'Agenzia, per ogni abuso riscontrato, che nella quasi totalità dei casi inerisce le fattispecie illecite di passo carrabile sprovvisto di autorizzazione ai sensi del CdS e mancato pagamento del tributo, hanno redatto una scheda di accertamento contenente i dati relativi e successivamente l'Agenzia ha invitato l'interessato, con nota inviata a parte, a regolarizzare la sua posizione sia dal punto di vista amm.vo che tributario.
Dopo di ché detta Agenzia ha trasmesso gli esiti relativi agli abusi rilevati al Comando di PM per gli adempimenti di legge e di competenza.
Dall'analisi dei dati censiti emerge che gli illeciti riscontrati relativamente alla mancanza di autorizzazione/concessione, in parte riguardano passi carrabili con opere che interessano la strada con listoni in pietra, scivolo, taglio marciapiede ecc., mentre la restante parte inerisce i cosiddetti "passi carrabili a raso", che per intenderci sono quelli realizzati senza opere sulla pubblica via.
Prescindendo dall'aspetto tributario, per il quale sia la normativa vigente, che la giurisprudenza di specie e regolamentare comunale, escludono dal regime di applicabilità del COSAP i "passi carrabili a raso" che non espongono il cartello, di cui all'art. 120 II 78 reg. CdS, si chiede di conoscere emerito parere in relazione alla seguente vicenda.
Posto il fatto che tutti gli accessi e diramazioni e/o passi carrabili (di cui all'art. 46 Reg. CdS), devono essere autorizzati ai sensi dell'art. 22 CdS come ben precisa la circolare MinInterno 2413 /1997:
L'art. 22 del nuovo codice della strada subordina in generale a "preventiva autorizzazione" l'apertura di "nuovi accessi" e di "nuove diramazioni". Conseguentemente i passi carrabili (sottospecie di "accessi" ai sensi del n. 37 dell'art. 3 dello stesso Codice della strada) sono soggetti ad autorizzazione, la quale è obbligatoria tanto per i passi carrabili aperti successivamente all'entrata in vigore del nuovo codice che per quelli preesistenti. Ciò si ricava chiaramente dal comma 11 dello stesso art. 22 che sottopone a sanzione amministrativa pecuniaria, con conseguente obbligo del ripristino dei luoghi il "mantenere in esercizio accessi preesistenti privi di autorizzazione",
il mio pensiero è quello che, in assenza di detta autorizzazione, fatta salva una diffida a regolarizzare l'accesso (ritenuta opportuna in quanto il Comune non ha mai regolato la prescritta disciplina transitoria di cui all'art. 234 cds) di procedere, nel caso di mancato adeguamento, alla contestazione delle sanzioni pecuniarie ed accessorie di cui al c. 11 dell'art. 22 CdS,
Ciò in quanto c'è chi opina e ritiene illegittima una tale ipotesi di sanzione e nell'eventualità di un ricorso da annullarsi il relativo verbale in autotutela, per tutti i passi carrabili provvisti di titolo edilizio in quanto questi devono considerarsi di per sé autorizzati anche ai sensi del CdS.
Secondo chi dissente, il titolo edilizio rilasciato, che comprenda nel progetto la costruzione di un passo carrabile, assorbe e sostituisce la norma speciale perché, sempre secondo chi diverge, in sede di approvazione vengono valutati anche gli aspetti relativi al CdS, in quanto la commissione edilizia in sede referente chiede parere al competente Ufficio Mobilità e tale parere tiene appunto luogo all'autorizzazione ex art. 22 CdS e sbaglierebbe detto ultimo Ufficio a scrivere in calce al parere stesso che all'interessato è fatto obbligo di richiedere la prescritta autorizzazione ai sensi del CdS, in quanto l'avrebbe già rilasciata con l'emissione del parere stesso.
A sommesso avviso di chi scrive non c'è dubbio alcuno che sia compito del Comune, per le strade di propria competenza (e non certo per quelle provinciali che attraversano il proprio territorio ) stabilire con disposizioni regolamentari i limiti e le interazioni tra permessi edilizi ed autorizzazioni/concessioni ex Codice della Strada in sede di rilascio. Ove queste "interazioni" non siano in alcun modo disciplinate come nel caso dei vigenti regolamenti locali non si vede come il permesso edilizio relativo alle opere in sé possa sostituirsi "senza limite temporale alcuno" alla specifica disposizione di cui al codice della Strada e aggiungasi, alle ulteriori disposizioni del locale regolamento Cosap nei casi prescritti.
Altresì è appena il caso far rilevare che trattasi di leggi speciali che tutelano beni e bisogni diversi, nonché far presente che il parere del competente Ufficio Mobilità viene rilasciato per un'opera ancora da costruirsi e che magari sarà realizzata dopo 3 o 4 anni, o che potrebbe non venire realizzata od essere realizzata in difformità dal titolo edilizio o addirittura dalle prescrizioni previste nel parere (magari legate a particolari circostanze della circolazione) o che nelle more della realizzazione potrebbe cambiare la circolazione stradale nel sito o la normativa di specie e in ultimo la circostanza che secondo il CdS, la autorizzazione/concessione rilasciate sono subordinata al rispetto di una durata nel tempo, che non può eccedere gli anni 29 (nel caso specifico 9), che nel caso non verrebbe rispettata.
D'altro canto anche in campo edilizio a fine lavori per abitare e/o utilizzare l'opera è necessario richiedere l'agibilità, che altro non è se non l'autorizzazione che attesta il rispetto delle condizioni relative alla sicurezza, igiene, salubrità, ecc. cioè di tutte le prescrizioni di legge.
Addirittura potrebbe verificarsi il caso, previsto dalla vigente normativa edilizia (statale e regionale) in cui viene realizzato un passo carrabile senza alcun titolo edilizio perché non previsto (ad es con taglio di muretto di recinzione e/o rete) e quindi senza che vi sia traccia e controllo alcuno sulla conformità dell'opera alla normativa di specie (edilizia e stradale) risultando magari realizzato senza osservare le prescrizioni previste dal CdS, in corrispondenza d'incrocio o in curva.
Sono del parere infine, contrariamente a chi dissente, che l'autorizzazione ex art. 22 CdS non collida in alcun modo contro il "diritto primario" di accedere alla proprietà privata, ma inerisca unicamente l'esercizio di un diritto previo rispetto delle prescrizioni previste dagli artt. 44/45/46 del reg. CdS e ciò vale sia per i passi carrabili con manufatto di raccorda alla strada, sia per quelli cosiddetti a raso (privi di opere). L'autorizzazione richiesta dall'art. 22 CdS non riguarda il diritto in se di accedere ad una proprietà privata, ma il diritto di aprire e utilizzare in una determinata strada ad uso pubblico, uno specifico accesso ad una specifica proprietà privata confinante con una specifica tipologia di strada.
Fra le argomentazioni addotte da chi diverge anche quella secondo la quale la P.A., sulla base della normativa relativa alla semplificazione, efficienza trasparenza ecc., non può richiedere al cittadino due volte la stessa cosa (con ciò riportando l'argomento su un più condivisibile piano di norme di regolamentazione locale il più possibile semplici ed integrate) .
In conclusione si rileva che dalla disamina della varia e cospicua produzione di sentenze emanate dalla S.C., in verità quasi tutte inerenti la non applicabilità del pagamento del tributo anche ai passi carrai a raso, l'obbligo per il cittadino posto dal legislatore nella disciplina regolatrice della circolazione stradale (art. 22 CdS) di farsi autorizzare dal Comune (leggasi Ente proprietario della strada) per l'apertura di qualsiasi tipo di varco, sia esso carrabile che a filo col sedime stradale, non è mai stato messo in discussione (C.C. civ. sez. V 28/4/2004 n° 8106).
L'agenzia concessionaria delle Entrate per conto del comune da cui dipendo, con il fine di recuperare quote di evasione/elusione e aumentare la base imponibile relativa a canoni e tributi comunali, ha di recente terminato una censimento su tutto il territorio comunale delle occupazioni permanenti che insistono su suolo pubblico e che hanno valenza ai fini dell'applicazione della COSAP e CIMP, riscontrando i rilevatori tributari, relativamente ai passi carrabili migliaia di abusi.
Gli accertatori dell'Agenzia, per ogni abuso riscontrato, che nella quasi totalità dei casi inerisce le fattispecie illecite di passo carrabile sprovvisto di autorizzazione ai sensi del CdS e mancato pagamento del tributo, hanno redatto una scheda di accertamento contenente i dati relativi e successivamente l'Agenzia ha invitato l'interessato, con nota inviata a parte, a regolarizzare la sua posizione sia dal punto di vista amm.vo che tributario.
Dopo di ché detta Agenzia ha trasmesso gli esiti relativi agli abusi rilevati al Comando di PM per gli adempimenti di legge e di competenza.
Dall'analisi dei dati censiti emerge che gli illeciti riscontrati relativamente alla mancanza di autorizzazione/concessione, in parte riguardano passi carrabili con opere che interessano la strada con listoni in pietra, scivolo, taglio marciapiede ecc., mentre la restante parte inerisce i cosiddetti "passi carrabili a raso", che per intenderci sono quelli realizzati senza opere sulla pubblica via.
Prescindendo dall'aspetto tributario, per il quale sia la normativa vigente, che la giurisprudenza di specie e regolamentare comunale, escludono dal regime di applicabilità del COSAP i "passi carrabili a raso" che non espongono il cartello, di cui all'art. 120 II 78 reg. CdS, si chiede di conoscere emerito parere in relazione alla seguente vicenda.
Posto il fatto che tutti gli accessi e diramazioni e/o passi carrabili (di cui all'art. 46 Reg. CdS), devono essere autorizzati ai sensi dell'art. 22 CdS come ben precisa la circolare MinInterno 2413 /1997:
L'art. 22 del nuovo codice della strada subordina in generale a "preventiva autorizzazione" l'apertura di "nuovi accessi" e di "nuove diramazioni". Conseguentemente i passi carrabili (sottospecie di "accessi" ai sensi del n. 37 dell'art. 3 dello stesso Codice della strada) sono soggetti ad autorizzazione, la quale è obbligatoria tanto per i passi carrabili aperti successivamente all'entrata in vigore del nuovo codice che per quelli preesistenti. Ciò si ricava chiaramente dal comma 11 dello stesso art. 22 che sottopone a sanzione amministrativa pecuniaria, con conseguente obbligo del ripristino dei luoghi il "mantenere in esercizio accessi preesistenti privi di autorizzazione",
il mio pensiero è quello che, in assenza di detta autorizzazione, fatta salva una diffida a regolarizzare l'accesso (ritenuta opportuna in quanto il Comune non ha mai regolato la prescritta disciplina transitoria di cui all'art. 234 cds) di procedere, nel caso di mancato adeguamento, alla contestazione delle sanzioni pecuniarie ed accessorie di cui al c. 11 dell'art. 22 CdS,
Ciò in quanto c'è chi opina e ritiene illegittima una tale ipotesi di sanzione e nell'eventualità di un ricorso da annullarsi il relativo verbale in autotutela, per tutti i passi carrabili provvisti di titolo edilizio in quanto questi devono considerarsi di per sé autorizzati anche ai sensi del CdS.
Secondo chi dissente, il titolo edilizio rilasciato, che comprenda nel progetto la costruzione di un passo carrabile, assorbe e sostituisce la norma speciale perché, sempre secondo chi diverge, in sede di approvazione vengono valutati anche gli aspetti relativi al CdS, in quanto la commissione edilizia in sede referente chiede parere al competente Ufficio Mobilità e tale parere tiene appunto luogo all'autorizzazione ex art. 22 CdS e sbaglierebbe detto ultimo Ufficio a scrivere in calce al parere stesso che all'interessato è fatto obbligo di richiedere la prescritta autorizzazione ai sensi del CdS, in quanto l'avrebbe già rilasciata con l'emissione del parere stesso.
A sommesso avviso di chi scrive non c'è dubbio alcuno che sia compito del Comune, per le strade di propria competenza (e non certo per quelle provinciali che attraversano il proprio territorio ) stabilire con disposizioni regolamentari i limiti e le interazioni tra permessi edilizi ed autorizzazioni/concessioni ex Codice della Strada in sede di rilascio. Ove queste "interazioni" non siano in alcun modo disciplinate come nel caso dei vigenti regolamenti locali non si vede come il permesso edilizio relativo alle opere in sé possa sostituirsi "senza limite temporale alcuno" alla specifica disposizione di cui al codice della Strada e aggiungasi, alle ulteriori disposizioni del locale regolamento Cosap nei casi prescritti.
Altresì è appena il caso far rilevare che trattasi di leggi speciali che tutelano beni e bisogni diversi, nonché far presente che il parere del competente Ufficio Mobilità viene rilasciato per un'opera ancora da costruirsi e che magari sarà realizzata dopo 3 o 4 anni, o che potrebbe non venire realizzata od essere realizzata in difformità dal titolo edilizio o addirittura dalle prescrizioni previste nel parere (magari legate a particolari circostanze della circolazione) o che nelle more della realizzazione potrebbe cambiare la circolazione stradale nel sito o la normativa di specie e in ultimo la circostanza che secondo il CdS, la autorizzazione/concessione rilasciate sono subordinata al rispetto di una durata nel tempo, che non può eccedere gli anni 29 (nel caso specifico 9), che nel caso non verrebbe rispettata.
D'altro canto anche in campo edilizio a fine lavori per abitare e/o utilizzare l'opera è necessario richiedere l'agibilità, che altro non è se non l'autorizzazione che attesta il rispetto delle condizioni relative alla sicurezza, igiene, salubrità, ecc. cioè di tutte le prescrizioni di legge.
Addirittura potrebbe verificarsi il caso, previsto dalla vigente normativa edilizia (statale e regionale) in cui viene realizzato un passo carrabile senza alcun titolo edilizio perché non previsto (ad es con taglio di muretto di recinzione e/o rete) e quindi senza che vi sia traccia e controllo alcuno sulla conformità dell'opera alla normativa di specie (edilizia e stradale) risultando magari realizzato senza osservare le prescrizioni previste dal CdS, in corrispondenza d'incrocio o in curva.
Sono del parere infine, contrariamente a chi dissente, che l'autorizzazione ex art. 22 CdS non collida in alcun modo contro il "diritto primario" di accedere alla proprietà privata, ma inerisca unicamente l'esercizio di un diritto previo rispetto delle prescrizioni previste dagli artt. 44/45/46 del reg. CdS e ciò vale sia per i passi carrabili con manufatto di raccorda alla strada, sia per quelli cosiddetti a raso (privi di opere). L'autorizzazione richiesta dall'art. 22 CdS non riguarda il diritto in se di accedere ad una proprietà privata, ma il diritto di aprire e utilizzare in una determinata strada ad uso pubblico, uno specifico accesso ad una specifica proprietà privata confinante con una specifica tipologia di strada.
Fra le argomentazioni addotte da chi diverge anche quella secondo la quale la P.A., sulla base della normativa relativa alla semplificazione, efficienza trasparenza ecc., non può richiedere al cittadino due volte la stessa cosa (con ciò riportando l'argomento su un più condivisibile piano di norme di regolamentazione locale il più possibile semplici ed integrate) .
In conclusione si rileva che dalla disamina della varia e cospicua produzione di sentenze emanate dalla S.C., in verità quasi tutte inerenti la non applicabilità del pagamento del tributo anche ai passi carrai a raso, l'obbligo per il cittadino posto dal legislatore nella disciplina regolatrice della circolazione stradale (art. 22 CdS) di farsi autorizzare dal Comune (leggasi Ente proprietario della strada) per l'apertura di qualsiasi tipo di varco, sia esso carrabile che a filo col sedime stradale, non è mai stato messo in discussione (C.C. civ. sez. V 28/4/2004 n° 8106).
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