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Data di pubblicazione: 19 agosto 2020
Data di riferimento: 19 agosto 2020

5147

Consiglio di Stato, sentenza del 19 agosto 2020 n. 5147

 

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

 

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Seconda) ha pronunciato la presente

Sentenza

 

Fatto e diritto

 1. L'oggetto del presente giudizio è rappresentato dal Decreto dirigenziale n. - OMISSIS-, notificato in data 9 novembre 2009, con il quale la Regione Campania revocava, nei riguardi della ditta ... (di seguito la ditta), il Decreto Dirigenziale n. -OMISSIS- di autorizzazione provvisoria all'esercizio di raccolta e impianto di trattamento di veicoli fuori uso.

 2. Avverso tale atto la ditta proponeva il ricorso n. 6569 del 2009, innanzi al T.a.r. per la Campania, sede di Napoli, chiedendone l'annullamento per i seguenti motivi:

i) la disposta revoca sarebbe fondata su rilievi non contemplati dalla normativa di riferimento - art. 208, comma 13, lett. c) d.lgs. n. 152/06 - senza peraltro stabilire alcun termine per l'ottemperanza all'atto del 21 gennaio 2009 col quale alla ditta veniva ingiunto di rimuovere "ad horas" le irregolarità riscontrate nel corso del sopralluogo del 20 ottobre 2008 in ordine allo svolgimento dell'attività;

ii) l'Amministrazione sarebbe incorsa in un difetto di istruttoria, non avendo verificato l'effettivo espletamento delle operazioni di rimozione delle anomalie riscontrate, peraltro regolarmente avvenuta nei tempi tecnici necessari e che comunque la ditta non era tenuta a comunicare;

iii) l'Amministrazione avrebbe violato la disciplina di riferimento nel non stabilire un termine per l'esecuzione dei lavori di rimozione delle anomalie riscontrate;

iv) l'Amministrazione avrebbe mancato di comunicare il previo avviso di avvio del procedimento di revoca dell'autorizzazione, ancorché necessaria per la natura di autotutela dell'atto;

v) sarebbe illegittima anche la nota del PRA del 21 ottobre 2009, richiamata nel provvedimento di revoca, non essendo mai la ditta incorsa nella violazione delle prescrizioni relative alla cancellazione dei veicoli fuori uso.

 3. Costituitasi l'Amministrazione regionale e l'ACI - Automobile Club d'Italia, entrambe al fine di resistere, il Tribunale adìto (Sezione V), dopo aver accolto la domanda cautelare (ordinanza n. 2949/09), ha respinto il gravame al suo esame e condannato il ricorrente al rimborso delle spese di lite (euro 1.000,00).

 

4. In particolare, il Tribunale ha ritenuto che:

- "seppure è vero che l'amministrazione provinciale il 4 marzo del 2009, in sede di sopralluogo, ha accertato il parziale sgombero dell'area, è altresì vero che tuttora residuano su di essa elementi di irregolarità";

- "il provvedimento di diniego dell'istanza di approvazione del progetto di adeguamento dell'impianto di trattamento [...] imponendo una rilocalizzazione dell'attività evidenziava l'inidoneità anche sotto il profilo urbanistico del sito in questione allo svolgimento di quell'attività e quindi, obiettivamente, corrobora la fondatezza dei presupposti su cui si fonda il provvedimento impugnato".

 5. Avverso tale pronuncia la ditta ha interposto appello, notificato il 3 luglio 2012 e depositato il 17 luglio 2012, lamentando, attraverso quattro motivi di gravame (pagine 6 - 16) ai quali ha fatto seguito la reiterazione dei motivi di primo grado (16 - 25), quanto di seguito sintetizzato:

I) avrebbe errato il Tribunale nel rilevare che l'impugnata revoca sarebbe intervenuta a seguito di regolare diffida, e, in ogni caso, in un termine congruo ad assicurare la partecipazione del privato, invece preclusa dalla mancata comunicazione dell'avviso di avvio del procedimento;

II) il Tribunale non avrebbe considerato che la ditta ha provveduto alla rimozione delle irregolarità riscontrate come da certificazione tecnica prodotta agli atti del giudizio di primo grado;

III)il Tribunale nemmeno avrebbe considerato che il diniego di approvazione del progetto di adeguamento ed il diniego di proroga del termine triennale per la ricollocazione dell'impianto sono stati impugnati innanzi al T.a.r. rispettivamente con ricorso e motivi aggiunti;

IV) il Tribunale avrebbe posto a sostegno della sua decisione reiettiva argomentazioni, afferenti alla presunta incompatibilità urbanistica dell'impianto, estranee al thema decidendum;

V)  si reiterano, infine, le censure articolate in ricorso nella loro medesima testuale formulazione.

 

6. L'appellante ha concluso chiedendo l'accoglimento dell'appello "con ogni conseguente statuizione".

 

7. In data 31 ottobre 2012, la Regione Campania si è costituita con atto di mera forma.

 8. In data 23 maggio 2014, l'ACI si è costituita chiedendo la declaratoria d'inammissibilità e/o il rigetto dell'opposto gravame.

 9. In data 12 giugno 2020, parte appellante ha depositato memoria al fine di chiedere la declaratoria d'inammissibilità della costituzione delle Amministrazioni intimate e di insistere per l'accoglimento del gravame.

 10. In data 22 giugno 2020, l'ACI ha depositato memoria di replica evidenziando la tempestività della sua costituzione oltre che il difetto di legittimazione passiva e comunque insistendo per la reiezione dell'opposto gravame.

 11. In data 9 luglio 2020, parte appellante ha depositato note d'udienza al fine di eccepire l'inammissibilità ed irritualità della memoria di replica di controparte laddove viene contestato, per la prima volta, il proprio difetto di legittimazione passiva.

 12. La causa, chiamata per la discussione alla udienza pubblica svoltasi con modalità telematica del 14 luglio 2020, è stata ivi trattenuta in decisione.

 13. Occorre esaminare la pregiudiziale questione di rito afferente all'asserita tardività della costituzione delle Amministrazioni intimate, per la quale l'appellante ha insistito anche in sede conclusionale; essa è da respingere in quanto il termine di costituzione delle parti appellate non è perentorio. È infatti orientamento costante di questo Consiglio che "nel processo amministrativo, nel silenzio del legislatore, il termine di costituzione delle parti intimate deve ritenersi di natura ordinatoria, e non perentoria, avendo una funzione dilatoria e di garanzia, nel senso che, sino a che esso è pendente, il giudizio non può essere definito in assenza del resistente, ma se questo si costituisce, pur tardivamente oltre il termine di sessanta giorni di cui all'art. 46, c.p.a., ma prima che il ricorso sia stato deciso, la sua costituzione è ammissibile" (Cons. Stato, sez. V, 19 giugno 2012, n. 3562).

 14. Per quanto poi attiene all'eccezione di difetto di legittimazione passiva sollevata dall'ACI, secondo cui l'appellante l'avrebbe erroneamente intimata nel presente giudizio per non avere nemmeno concorso all'adozione degli atti oggetto di gravame, la questione per tal via sollevata può reputarsi assorbita dall'indagine di merito delle deduzioni articolate dall'appellante conducendo questa, come si dirà, alla reiezione del gravame.

 

15. In ordine alle questioni di merito sollevate, ritiene il Collegio che l'appello sia infondato e sia pertanto da respingere.

 15.1 Col primo mezzo parte appellante si duole del fatto che il provvedimento revocatorio impugnato in prime cure non sarebbe stato preceduto da una vera e propria diffida con l'assegnazione di un termine ragionevole per l'eliminazione, peraltro poi avvenuta, delle anomalie riscontrate.

 Dagli atti di causa, come evidenziato nel ricorso di prime cure, risulta che, in data 21 gennaio 2009, la Regione diffidava la ditta a rimuovere "ad horas" le irregolarità riscontrate nel corso del sopralluogo e consistite, come lo stesso appellante rammenta, in utilizzo di aree non autorizzate, posizionamento della griglia, presenza sul piazzale di "scorribili" per lo stoccaggio di motori, nonché pezzi di auto smontati ed altri rifiuti derivanti dallo stoccaggio di auto (descrizione dei luoghi dalla quale è dato plausibilmente evincere la sostanziale destinazione dell'area a discarica). Dal verbale di sopralluogo del 4 marzo 2009 risulta che l'intervento di eliminazione delle anomalie riscontrate era in corso di esecuzione e, nonostante la proroga richiesta, alla data di notifica del provvedimento impugnato in prime cure (11 novembre 2009), la ditta aveva completato i lavori di ripristino. A fronte di ciò, come descritto in sede di ricorso, il Tribunale ha rilevato:

- il decorso di circa dieci mesi tra diffida e decreto di revoca, periodo di tempo da reputarsi congruo;

- la persistenza di elementi di irregolarità al momento della decisione del ricorso;

- il provvedimento di diniego dell'istanza di approvazione del progetto di adeguamento dell'impianto di trattamento con obbligo di rilocalizzazione;

- il carattere provvisorio dell'autorizzazione revocata.

 15.2 Orbene, dagli atti di causa risulta che, con decreto dirigenziale del 21 dicembre 2007, l'Amministrazione contestualmente denegava l'istanza di rilocalizzazione dell'impianto (diniego oggetto di distinto giudizio conclusosi sfavorevolmente alla ditta) e che questa veniva autorizzata all'esercizio in via provvisoria dell'attività per anni tre.

 

15.3 Le considerazioni espresse dall'appellante non sono condivisibili per le seguenti ragioni:

- sebbene, con la diffida del 21 gennaio 2009, veniva disposta la eliminazione delle anomalie riscontrate ad horas e pertanto senza concessione di alcun termine, la ditta non si doleva dell'asserita deviazione dallo schema legale di cui al citato art. 208 con apposita impugnativa;

- la mancata concessione di un termine, secondo il canone dell'arresto procedimentale, avrebbe reso materialmente inattuabile l'ordine amministrativo emesso, di guisa che, avendo la sua immediata lesività avrebbe giustificato una parimenti immediata reazione processuale;

- ad ogni modo, tale violazione non emerge, atteso che l'art. 208 del d.lgs. n. 152/2006, comma 13, prevede quanto segue: "Ferma restando l'applicazione delle norme sanzionatorie di cui al titolo VI della parte quarta del presente decreto, in caso di inosservanza delle prescrizioni dell'autorizzazione l'autorità competente procede, secondo la gravità dell'infrazione:

 a) alla diffida, stabilendo un termine entro il quale devono essere eliminate le inosservanze;

 b) alla diffida e contestuale sospensione dell'autorizzazione per un tempo determinato, ove si manifestino situazioni di pericolo per la salute pubblica e per l'ambiente;

 c) alla revoca dell'autorizzazione in caso di mancato adeguamento alle prescrizioni imposte con la diffida e in caso di reiterate violazioni che determinino situazione di pericolo per la salute pubblica e per l'ambiente";

- dalla formula della norma che si assume violata è dato, infatti, inferire che la stessa offre all'Amministrazione, in base alla gravità delle violazioni contestate, un ventaglio di alternative, secondo un ordine di crescente gravità, che prevede solo nel primo caso la necessaria previsione di un termine per eliminare le inosservanze accertate;

- inoltre ancorché l'Amministrazione non abbia espressamente contemplato un termine nell'atto di diffida, risulta dalla dinamica della vicenda di causa che la ditta ha avuto tutto il tempo necessario per eliminare le anomalie riscontrate prima dell'intervento dell'atto revocatorio;

- alla data del 4 marzo 2009, quest'ultime erano state eliminate soltanto in parte, come lo stesso appellante ammette in relazione ai "cassoni semoventi", alle "carcasse d'auto" ed ai "pezzi di carrozzeria";

- a seguito del sopralluogo del 20 ottobre 2008, venivano accertate anche irregolarità di carattere amministrativo ("demolizione di autoveicoli prima di aver consegnato i documenti al Pubblico Registro Automobilistico") che potevano e dovevano essere immediatamente eliminate;

- in particolare, la revoca si fonda anche sulle risultanze del PRA, da cui emerge che dal 6 maggio 2009 al 7 ottobre 2009 (quindi successivamente alla diffida) sono emerse circa 120 formalità di radiazione imperfette;

- la diffida in questione traeva fondamento oltre che dal sopralluogo del 20 ottobre 2008, anche dal sopralluogo dell'ARPAC del 30 aprile 2008, entrambi svoltosi alla presenza della ditta che sottoscriveva i relativi verbali, cosicché la revoca del 5 novembre 2009 interveniva dopo un considerevole periodo di tempo (circa un anno e mezzo) dal primo verbale;

- la diffida ha inoltre assunto l'espresso valore di comunicazione di avviso di avvio procedimentale così da consentire l'instaurazione del necessario contraddittorio, fermo restando che, come detto, i verbali di sopralluogo avvenivano alla presenza della ditta, da sempre resa edotta delle riscontrate anomalie.

 16. Occorre poi soggiungere, per quanto attiene al motivo inerente alla pretesa violazione del principio di corrispondenza tra chiesto e pronunciato, che questa non ricorre in quanto l'esito negativo del pregiudiziale procedimento innescato dalla domanda di rilocalizzazione è stato valorizzato dal Tribunale per lumeggiare aspetti che attengono al profilo dell'interesse a ricorrere piuttosto che al merito della controversia.

 

17. In conclusione, l'appello è infondato e deve essere respinto.

 18. Le spese del presente grado di giudizio, per il principio di soccombenza, sono a carico di parte appellante e sono liquidate come in dispositivo, in base ai criteri stabiliti dal regolamento n. 55 del 2014 e dall'art. 26, comma 1, c.p.a.

 

Per questi motivi

 Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Seconda), definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto (5426/2012), lo respinge.

 Condanna l'appellante alla rifusione, in favore della Regione Campania e dell'ACI, delle spese del presente grado di giudizio che liquida in euro 2.000,00 (duemila/00) in favore della prima ed euro 3.000,00 (tremila/00) in favore della seconda, oltre agli accessori di legge (I.V.A., C.P.A. e rimborso spese generali al 15%) se dovuti.

 

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

 Ritenuto che sussistano i presupposti di cui all'art. 52, commi 1 e 2, del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, e dell'articolo 10 del Regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio del 27 aprile 2016, a tutela dei diritti o della dignità della parte interessata, manda alla Segreteria di procedere all'oscuramento delle generalità nonché di qualsiasi altro dato idoneo ad identificare l'appellante.

 Così deciso dalla Seconda Sezione del Consiglio di Stato con sede in Roma nella camera di consiglio del giorno 14 luglio 2020 convocata con modalità da remoto.

 

 

 

 

Depositato in Cancelleria, il 19 agosto 2020.

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