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Data di pubblicazione: 04 maggio 2017
Data di riferimento: 04 maggio 2017

Incarichi dirigenziali

Corte Conti Campania

CORTE DEI CONTI CAMPANIA PARERE 4 MAGGIO 2017, N. 66 

CORTE DEI CONTI

SEZIONE REGIONALE DI CONTROLLO

PER LA CAMPANIA

Composta dai Magistrati:

Giovanni Coppola Presidente

Rossella Cassaneti Consigliere (relatore)

Francesco Sucameli Primo Referendario

nella camera di consiglio del 4 maggio 2017

Visto il testo unico delle leggi sulla Corte dei conti, approvato con il regio decreto 12 luglio 1934, n. 1214, e successive modificazioni;

Vista la legge 21 marzo 1953, n. 161;

Vista la legge 14 gennaio 1994, n. 20;

Vista la deliberazione delle Sezioni riunite della Corte dei conti n. 14 del 16 giugno 2000, che ha approvato il regolamento per l'organizzazione delle funzioni di controllo della Corte dei conti, modificata con le deliberazioni delle Sezioni riunite n. 2 del 3 luglio 2003 e n. 1 del 17 dicembre 2004;

Visto il decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267 recante il Testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali (TUEL);

Vista la legge 5 giugno 2003, n. 131;

Visto l'atto d'indirizzo della Sezione delle Autonomie del 27 aprile 2004, avente ad oggetto gli indirizzi e criteri generali per l'esercizio dell'attività` consultiva;

Vista la nota prot. n. 0003765 del 14/03/2017, con cui il Sindaco del Comune di (omissis) (NA) ha chiesto un parere ai sensi dell'art. 7, comma 8, della Legge n. 131/2003, nei termini di seguito indicati;

Vista l'ordinanza n. 26/2017 con la quale il Presidente ha convocato la Sezione per l'adunanza odierna per deliberare sulla prefata richiesta;

Udito il relatore, Rossella Cassaneti.

FATTO

Con la nota indicata in epigrafe, il Sindaco del Comune di (omissis) (NA) ha rivolto alla Sezione, ai sensi dell'art. 7, comma 8, della legge n. 131/2003, una richiesta di parere, nella quale ha prospettato talune circostanze di fatto ed ha richiamato norme ritenute di rilievo nella fattispecie descritta (in particolare, l'art. 9, comma 28, D.L. n. 78/2010, convertito con modificazioni dalla Legge n. 122/2010 e l'art. 110, comma 1, del D.Lgs. 267/2000); ha chiesto, in particolare, a questa Sezione regionale di Controllo:

"una corretta interpretazione dell'articolo 9 comma 28 del D.L. n. 78 del 31/05/2010 e succ. mod. soprattutto nella parte in cui recita <Sono in ogni caso escluse dalle limitazioni previste dal presente comma le spese sostenute per le assunzioni a tempo determinato ai sensi dell'articolo 110, comma 1, del testo unico di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267>

... se l'art. 110 comma 1 del D.Lgs 267/2000 nella parte in cui dice che <Lo statuto può prevedere che la copertura dei posti di responsabili dei servizi o degli uffici, di qualifiche dirigenziali o di alta specializzazione, possa avvenire mediante contratto a tempo determinato> faccia riferimento alle sole assunzioni relative alla qualifica dirigenziale o anche a figure con alta professionalità dell'area retributiva D già in servizio o reperibile all'esterno e se si possa conferire a tali figure professionali la responsabilità di un servizio o di un ufficio se previsto dello Statuto dell'Ente".

Al fine de quo, nella richiesta di parere sottoposta allo scrutinio della Sezione, si svolgono talune premesse, riguardanti in particolare:

A) la presenza in servizio presso il Comune di (omissis), ente di medie dimensioni con circa 13.000 abitanti, di "solo n. 52 unità lavorative a tempo pieno ed indeterminato che, tuttavia, non sono sufficienti all'espletamento delle normali attività ed incombenze d'ufficio", con un funzionario cat. D responsabile dell'UTC prossimo al collocamento in quiescenza (con decorrenza 20/06/2017, data cui precederà un periodo di congedo ordinario pari a 48 giorni) e con un unico ulteriore dipendente di categoria D (avente qualifica di architetto), nonché con 4 dipendenti di categoria C e 4 di categoria B;

B) l'impossibilità per i suddetti dipendenti comunali, ed in particolare dell'unico funzionario di categoria D che permarrà in servizio una volta collocato in quiescenza l'attuale responsabile UTC, di far fronte alle numerose incombenze del settore tecnico, in cui vanno ricomprese anche quelle legate alla partecipazione del Comune di (omissis) all'Ufficio di Piano, istituito presso il Comune di (omissis) e destinato alla gestione di lavori pubblici di rilevante interesse sovracomunale;

C) l'avvenuta effettuazione nell'anno 2009 di spese per personale a tempo determinato per un importo pari a € 2.468,88 (quale integrazione oraria LSU), l'adempimento dell'obbligo di riduzione delle spesa per il personale di cui ai commi 557, 557 bis, 557 ter, 557 quater e 562 della legge 27/12/2006 n. 296 (con un risparmio accumulato di € 400.000,00 rispetto alla media della spesa sostenuta per il personale nel triennio 2011/2013 ammontante ad € 2.711.528,77) nonché del patto di stabilità interno;

D) l'impossibilità allo stato attuale di dar luogo ad assunzioni a tempo indeterminato nonché la mancata assegnazione al Comune di (omissis) di personale in mobilità dagli enti di area vasta.

E) "la persistente carenza di personale, in particolare per uffici strategici come l'ufficio tecnico e le urgenti incombenze idrogeologiche dovute alla morfologia geografica del territorio dell'Ente".

Svolte tali premesse e considerazioni, nella richiesta di parere in epigrafe si espone che "l'ente ha intenzione di programmare l'assunzione di una unità di personale di categoria professionale D, a tempo determinato, ai sensi dell'art. 110, comma 1, TUEL, al fine di sopperire alle gravi carenze di organico e per far fronte alle attività amministrative di cui al settore tecnico comunale, in particolare per la pianificazione urbanistica e edilizia di ambito comunale nonché la partecipazione alla pianificazione territoriale di livello sovracomunale, considerati servizi essenziali ai sensi della normativa".

DIRITTO

A. In rito, e per quanto concerne l'ammissibilità soggettiva del (duplice) quesito proposto, ricorda la Sezione che l'art. 7, comma 8, della legge n. 131/2003 prevede che gli enti locali possano chiedere pareri in materia di contabilità pubblica alle Sezioni regionali di controllo della Corte dei conti "(...) di norma, tramite il Consiglio delle Autonomie Locali (...)". In proposito, la Sezione richiama l'orientamento sin qui seguito da tutte le Sezioni, dal quale non vi è motivo per discostarsi, secondo cui la mancata costituzione di detto Organismo (pur previsto nello Statuto della Regione Campania approvato con la legge regionale n. 6 del 28/05/2009) non può fondare ragioni di preclusione dell'esercizio di una facoltà attribuita dalla legge agli Enti Locali ed alla stessa Regione. Pertanto, nelle more della costituzione, nella Regione Campania, del predetto Consiglio delle Autonomie Locali, la richiesta di parere deve considerarsi ammissibile, sotto il profilo soggettivo, se ed in quanto formulata -come nel caso di specie- dal Sindaco del Comune, quale organo legittimato ad esprimere la volontà dell'ente, essendo munito di rappresentanza legale esterna.

B. Il medesimo (duplice) quesito va pertanto scrutinato sotto il profilo dell'ammissibilità oggettiva, dovendo rientrare nell'ambito delle materie della contabilità pubblica (in base al citato art. 7, comma 8, della legge n. 131/2003). Va, in proposito, richiamato l'indirizzo espresso dalla deliberazione delle Sezioni Riunite in sede di controllo n. 54/CONTR/10 del 17 novembre 2010, secondo cui la nozione di contabilità pubblica, strumentale alla funzione consultiva, deve assumere un ambito limitato alle normative e ai relativi atti applicativi che disciplinano in generale l'attività finanziaria che precede o che segue i distinti interventi di settore, ricomprendendo in particolare la disciplina dei bilanci ed i relativi equilibri, l'acquisizione delle entrate, l'organizzazione finanziaria-contabile, la disciplina del patrimonio, la gestione della spesa, l'indebitamento, la rendicontazione ed i relativi controlli. Sempre sotto il profilo oggettivo, è stato chiarito dalla Corte dei conti che "la materia della contabilità pubblica (...) non potrebbe investire qualsiasi attività degli enti che abbia comunque riflessi di natura finanziaria-patrimoniale", in quanto "ciò non solo rischierebbe di vanificare lo stesso limite imposto dal legislatore, ma comporterebbe l'estensione dell'attività consultiva delle Sezioni regionali a tutti i vari ambiti dell'azione amministrativa con l'ulteriore conseguenza che le Sezioni regionali di controllo della Corte dei conti diventerebbero organi di consulenza generale delle autonomie locali. In tal modo, la Corte verrebbe, in varia misura, inserita nei processi decisionali degli enti, condizionando quell'attività amministrativa su cui è chiamata ad esercitare il controllo che, per definizione, deve essere esterno e neutrale" (Sezione delle autonomie, deliberazione n. 5 del 17/02/2006).

La funzione di cui al cit. art. 7, comma 8, della legge n. 131/2003 non può, quindi, tradursi nella valutazione di una vicenda amministrativo-gestionale specifica e concreta già perfezionatasi o "in itinere", che sia stata oggetto di contenzioso penale, civile o amministrativo, né attenere a questioni anche potenzialmente oggetto di indagini della procura regionale o di giudizio innanzi alla sezione giurisdizionale regionale della Corte dei conti. É da escludere, inoltre, qualsiasi interferenza, ancorché potenziale, con le altre funzioni intestate a questa Sezione regionale di controllo.

C. Ciò posto, deve pervenirsi, con riferimento al duplice quesito posto dal Comune di (omissis), ad analoghe conclusioni (positive) riguardo il profilo dell'ammissibilità oggettiva della richiesta di parere, pur se, laddove vi si espone che l'Ente medesimo "ha intenzione di programmare l'assunzione di una unità di personale di categoria professionale D, a tempo determinato, ai sensi dell'art. 110, comma 1, TUEL", si potrebbe ipotizzare che difetti, in fattispecie, il necessario requisito del carattere preventivo della richiesta di parere (la quale, proprio in ragione di tale carattere, deve obbligatoriamente precedere le valutazioni e le determinazioni da assumere in sede amministrativa). Poiché, invero, non è dato desumere da elementi acquisiti in atti che la surrichiamata "intenzione di programmare" manifestata dal Comune di (omissis) nella richiesta di parere al vaglio della Sezione si sia già trasfusa in atti deliberativi espressi -tali da attribuire alla funzione consultiva da esercitare nella presente sede la portata di un controllo successivo su atti già adottati, da considerarsi qui precluso (cfr. Sez. controllo Campania, pareri n. 206/2015 e n. 32/2017)- il Collegio osserva che entrambi i quesiti proposti possono ritenersi ammissibili nella parte in cui implicano una ricostruzione interpretativa del quadro normativo di riferimento, su cui, del resto, alcune Sezioni regionali sono intervenute con recenti deliberazioni.

Valgano, pertanto, le considerazioni che seguono.

Occorre premettere che l'art. 9 del D.L. n. 78/2010 (Misure urgenti in materia di stabilizzazione finanziaria e di competitività economica), convertito con modificazioni dalla Legge n. 122/2010, è dedicato al "Contenimento delle spese in materia di impiego pubblico" e prevede, al comma 28, quanto segue:

"A decorrere dall'anno 2011, le amministrazioni dello Stato (...) possono avvalersi di personale a tempo determinato o con convenzioni ovvero con contratti di collaborazione coordinata e continuativa, nel limite del 50 per cento della spesa sostenuta per le stesse finalità nell'anno 2009. Per le medesime amministrazioni la spesa per personale relativa a contratti di formazione-lavoro, ad altri rapporti formativi, alla somministrazione di lavoro, nonché al lavoro accessorio di cui all'articolo 70, comma 1, lettera d) del decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276, e successive modificazioni ed integrazioni, non può essere superiore al 50 per cento di quella sostenuta per le rispettive finalità nell'anno 2009. I limiti di cui al primo e al secondo periodo non si applicano, anche con riferimento ai lavori socialmente utili, ai lavori di pubblica utilità e ai cantieri di lavoro, nel caso in cui il costo del personale sia coperto da finanziamenti specifici aggiuntivi o da fondi dell'Unione europea; nell'ipotesi di cofinanziamento, i limiti medesimi non si applicano con riferimento alla sola quota finanziata da altri soggetti. Le disposizioni di cui al presente comma costituiscono principi generali ai fini del coordinamento della finanza pubblica ai quali si adeguano le regioni, le province autonome, gli enti locali e gli enti del Servizio sanitario nazionale (...) A decorrere dal 2013 gli enti locali possono superare il predetto limite per le assunzioni strettamente necessarie a garantire l'esercizio delle funzioni di polizia locale, di istruzione pubblica e del settore sociale nonché per le spese sostenute per lo svolgimento di attività sociali mediante forme di lavoro accessorio di cui all'articolo 70, comma 1, del decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276. Le limitazioni previste dal presente comma non si applicano agli enti locali in regola con l'obbligo di riduzione delle spese di personale di cui ai commi 557 e 562 dell'articolo 1 della legge 27 dicembre 2006, n. 296, e successive modificazioni, nell'ambito delle risorse disponibili a legislazione vigente. Resta fermo che comunque la spesa complessiva non può essere superiore alla spesa sostenuta per le stesse finalità nell'anno 2009. Sono in ogni caso escluse dalle limitazioni previste dal presente comma le spese sostenute per le assunzioni a tempo determinato ai sensi dell'articolo 110, comma 1, del testo unico di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267 (...) Il mancato rispetto dei limiti di cui al presente comma costituisce illecito disciplinare e determina responsabilità erariale. Per le amministrazioni che nell'anno 2009 non hanno sostenuto spese per le finalità previste ai sensi del presente comma, il limite di cui al primo periodo è computato con riferimento alla media sostenuta per le stesse finalità nel triennio 2007-2009".

L'art. 110 ("Incarichi a contratto"), comma 1°, d.lgs. n. 267/2000 (TUEL), è così formulato:

"Lo statuto può prevedere che la copertura dei posti di responsabili dei servizi o degli uffici, di qualifiche dirigenziali o di alta specializzazione, possa avvenire mediante contratto a tempo determinato. Per i posti di qualifica dirigenziale, il regolamento sull'ordinamento degli uffici e dei servizi definisce la quota degli stessi attribuibile mediante contratti a tempo determinato, comunque in misura non superiore al 30 per cento dei posti istituiti nella dotazione organica della medesima qualifica e, comunque, per almeno una unità. Fermi restando i requisiti richiesti per la qualifica da ricoprire, gli incarichi a contratto di cui al presente comma sono conferiti previa selezione pubblica volta ad accertare, in capo ai soggetti interessati, il possesso di comprovata esperienza pluriennale e specifica professionalità nelle materie oggetto dell'incarico".

La richiesta di parere formulata dal Sindaco del Comune di (omissis), come anticipato nella premessa in fatto, concerne la corretta interpretazione ed applicazione dell'art. 9, comma 28, del D.L. n. 78 del 2010, convertito dalla L. n. 122 del 2010, dunque, in particolare, se ed in che modo gli incarichi dirigenziali conferiti ex articolo 110, comma 1, D.Lgs. n. 267 del 2000 (T.U.E.L.), siano computabili nel tetto di spesa stabilito dalla norma di cui al comma 28 citato, nonché se tale ultima disposizione riguardi i soli incarichi stricto sensu dirigenziali o anche quelli relativi a figure con alta professionalità dell'area retributiva D già in servizio o reperibili all'esterno alle quali conferire la responsabilità di un servizio o di un ufficio se previsto dello Statuto dell'Ente.

Sotto il primo aspetto, va rilevato come sul punto sia intervenuta la Sezione delle autonomie, che con la delibera n. 4/SEZAUT/2016/QMIG ha ribaltato, a seguito della riformulazione dell'articolo 110, comma 1, del D.Lgs. n. 267 del 2000 e dell'articolo 19, comma 6-quater, del D.Lgs. n. 165 del 2001, il proprio precedente orientamento circa il rapporto esistente tra i contratti ex art. 110, comma 1 ed i limiti di spesa individuati dal comma 28 cit. Infatti, precedentemente alla novella normativa, la Sezione delle autonomie, con deliberazione n. 12/2012/INPR, aveva qualificato come speciale la disciplina degli incarichi dirigenziali di cui all'art. 19, comma 6-quater, del D.Lgs. n. 165 del 2001 e, pertanto, aveva escluso i predetti incarichi dai limiti di spesa del comma 28 cit.

In seguito alla novella normativa, la Sezione delle Autonomie, investita della questione interpretativa de qua dalla Sezione di controllo per la Regione Lombardia con la deliberazione n. 41/2016/QMIG, ha modificato il proprio orientamento con la delibera n. 14/2016/QMIG, facendo propria la tesi sostenuta da alcune Sezioni regionali di controllo, in base alla quale si ritiene non più operante la deroga prevista per gli incarichi dirigenziali conferiti dagli enti locali ai sensi dell'articolo 110, comma 1 e si afferma, pertanto, la riconducibilità, degli stessi ai limiti assunzionali di cui all'articolo 9, comma 28, del D.L. n. 78 del 2010, sulla base delle seguenti considerazioni: a) la rammentata riformulazione dell'articolo 19, comma 6-quater, del D.Lgs. n. 165 del 2001; b) la valenza ermeneutica delle linee guida destinate alle relazioni dei revisori dei conti degli enti locali ai sensi dell'art. 1, commi 166 e ss., L. n. 266 del 2005, con riferimento alla tabella di cui al punto 6.6.3 dei questionari allegati alla deliberazione n. 13/SEZAUT/2015/INPR, in cui le spese degli incarichi conferiti ex articolo 110, comma 1 del TUEL sono conteggiate nei limiti di cui all'articolo 9, comma 28, del D.L. n. 78 del 2010, richiamando espressamente l'abrogazione (con riferimento agli enti locali) dell'articolo 19, comma 6-quater, del D.Lgs. n. 165 del 2001; c) il principio generale di contenimento della spesa, quale chiave di interpretazione delle norme in esame come suggerito dalla Corte Costituzionale con sentenza n. 173/2012, per la quale la disposizione di cui al comma 28 cit. "pone un obiettivo generale di contenimento della spesa relativa ad un vasto settore del personale e, precisamente, a quello costituito da quanti collaborano con le pubbliche amministrazioni in virtù di contratti diversi dal rapporto di impiego a tempo indeterminato" (cfr. Sez. controllo Liguria, del. n. 66/2016; nello stesso senso, Sez. controllo Lombardia, del. n. 159/2016 e Sez. controllo Abruzzo, del. n. 134/2016).

Questa Sezione ha altresì posto di recente in rilievo, in proposito, come "ridotta la portata derogatoria della norma, anche per esigenza di coordinamento sistematico col sistema dei vincoli che il Legislatore statale individua per il coordinamento della finanza pubblica (...), correttamente il MEF ha a suo tempo ritenuto, già con la circolare n. 9 del 17/2/2006 della Ragioneria generale dello Stato, che il'pattò di coordinamento della finanza pubblica di cui all'art. 1, comma 198, della L. 23 dicembre 2005, n. 266 (Legge finanziaria per il 2006), nel porre un tetto complessivo e un obiettivo di riduzione alla spesa complessiva per il personale, comprendesse anche 'i compensi per gli incarichi professionali conferiti ai sensi dell'art. 110, commi 1 e 2'. Altre norme, con le stesse finalità, espressamente, fanno richiamo ai i contratti di cui all'art. 110 TUEL, come ad esempio l'art. 1, comma 557 e ss. della L. n. 296 del 2006 relativo al limite complessivo alla spesa per il personale" (Sez. controllo Campania, del. n. 298/2016).

Se ciò è vero -e data l'uniformità dell'orientamento espresso dalle Sezioni regionali di controllo a seguito della delibera n. 14/2016/QMIG della Sezione delle autonomie dianzi richiamata- appare di tutta evidenza l'irrilevanza, ai fini di pervenire a diversa interpretazione della normativa de qua, la circostanza dell'(asserito) avvenuto adempimento da parte del medesimo Comune di (omissis) dell'obbligo di riduzione delle spesa per il personale di cui ai commi 557, 557 bis, 557 ter, 557 quater e 562 della legge 27/12/2006 n. 296 nonché del patto di stabilità interno, in quanto esclusivamente rappresentata dall'Ente richiedente e prive di riscontri in atti.

Del resto, i vincoli in materia di c.d. "lavoro flessibile", riguardanti sia i contratti a tempo pieno che i contratti part-time, hanno carattere indefettibile e sono rivolti anche ad evitare che le amministrazioni pubbliche soggette ad un regime limitativo delle assunzioni a tempo indeterminato possano ricorrere all'utilizzo di contratti di lavoro flessibile per eludere il blocco assunzionale a loro applicabile (Sez. controllo Puglia, del. n. 100/2016 e n. 120/2016). In proposito, la Corte costituzionale, con la sentenza n. 173/2012 dianzi citata, proprio con riferimento all'art. 9, comma 28, del D.L. n. 78 del 2010, ha osservato che tale disposizione "pone un obiettivo generale di contenimento della spesa relativa ad un vasto settore del personale e, precisamente, a quello costituito da quanti collaborano con le pubbliche amministrazioni in virtù di contratti diversi dal rapporto di impiego a tempo indeterminato" e "lascia alle singole amministrazioni la scelta circa le misure da adottare con riferimento ad ognuna delle categorie di rapporti di lavoro da esso previste. Ciascun ente pubblico può determinare se e quanto ridurre la spesa relativa a ogni singola tipologia contrattuale, ferma restando la necessità di osservare il limite della riduzione del 50 per cento della spesa complessiva rispetto a quella sostenuta nel 2009".

Così esitato il primo profilo del quesito posto dal Comune di (omissis) nell'epigrafata richiesta di parere, si osserva altresì, con riferimento al secondo dei prospettati profili -e cioè alla riferibilità della disposizione contenuta nel 1° comma dell'art. 110 TUEL dianzi riportata ai soli incarichi stricto sensu dirigenziali o anche a quelli relativi a figure con alta professionalità dell'area retributiva D già in servizio o reperibili all'esterno alle quali conferire la responsabilità di un servizio o di un ufficio se previsto dello Statuto dell'Ente- che l'Ente sembra proporre una inammissibile commistione tra tale ipotesi, riguardante la copertura di posti di responsabili dei servizi o degli uffici, di qualifiche dirigenziali o di alta specializzazione con contratto a tempo determinato, da effettuare entro la dotazione organica e "previa selezione pubblica volta ad accertare, in capo ai soggetti interessati, il possesso di comprovata esperienza pluriennale e specifica professionalità nelle materie oggetto dell'incarico", nonché nel rispetto dei limiti di spesa sopra indicati, con quella contemplata dal 6° comma del medesimo art. 110 TUEL, che invece concerne le collaborazioni esterne ad alto contenuto di professionalità prevedibili dal regolamento comunale per obiettivi determinati e mediante stipula di convenzioni a termine.

E', invero, di tutta evidenza l'ontologica differenza sussistente tra le due fattispecie, di cui l'una (incarichi dirigenziali a contratto, comma 1° dell'art. 110 TUEL) si caratterizza per l'instaurazione di un rapporto di dipendenza (pur se a tempo determinato) con l'Ente a seguito del superamento di apposita procedura concorsuale, mentre l'altra (collaborazioni esterne per obiettivi determinati, basate su convenzioni a termine) si realizza a seguito dell'esperimento di procedura di evidenza pubblica e non dà mai luogo ad un rapporto di lavoro subordinato rispetto all'Ente.

In ogni caso, e senza volersi addentrare nell'ampia problematica connessa all'utilizzo da parte degli enti locali delle collaborazioni di professionisti esterni alla struttura burocratica degli enti medesimi mediante convenzioni a termine da stipulare per obiettivi determinati, basti osservare, in proposito -e per ciò che rileva nella presente sede- che nella subiecta materia emergono due esigenze tra loro sovente contrapposte: da un lato quella di rivolgersi a professionisti esperti e qualificati, cui affidare un incarico dal carattere prettamente fiduciario basato, per sua intima natura, sull'intuitu personae; dall'altro quella di limitare la spesa garantendo, nel contempo, la trasparenza e la pubblicità delle procedure di affidamento dell'incarico legale. Ora, pur essendo vero che il blocco delle assunzioni nel pubblico impiego -ormai costantemente reiterato dai recenti governi- rende sempre più emergente la problematica del reperimento da parte dei soggetti pubblici, di personale qualificato in grado di risolvere le problematiche giuridiche che la moderna azione amministrativa deve affrontare, è altrettanto (e particolarmente) vero che dietro l'affidamento di siffatti incarichi (regolamentato in via generale dall'art. 7, comma 6°, d.lgs. 165/2001 e, per gli enti locali in particolare, dall'art. 110, comma 6°, TUEL sopra richiamato) si sono sovente celati rapporti sostanzialmente riconducibili ad assunzioni a termine; il che ha richiesto interventi legislativi intesi, certamente a regolamentare la trasparenza e la pubblicità procedurali di affidamento degli incarichi di collaborazione esterna da parte della P.A., ma anche ad imporre alle PP.AA. medesime limiti e tetti di spesa via via sempre più rigorosi al dichiarato fine di contenere la spesa pubblica, mediante disposizioni contenute nelle leggi finanziarie; disposizioni che, naturalmente, hanno dovuto "limitarsi", per quanto rilevato dalla Consulta già con la sentenza n. 417/2005, a stabilire vincoli riguardanti o l'entità del disavanzo di parte corrente oppure -ma solo "in via transitoria ed in vista degli specifici obiettivi di riequilibrio della finanza pubblica perseguiti dal legislatore statale"- la crescita della spesa corrente degli enti autonomi, in applicazione del principio costantemente affermato dalla Corte Costituzionale, per cui "le norme che fissano vincoli puntuali relativi a singole voci di spesa dei bilanci delle regioni e degli enti locali non costituiscono principi fondamentali di coordinamento della finanza pubblica, ai sensi dell'art. 117, comma 3 Cost., e ledono pertanto l'autonomia finanziaria di spesa garantita dall'art. 119 Cost.". Secondo tale giurisprudenza, dunque -come già precedentemente accennato richiamando la più recente pronuncia C. Cost. n. 173/2012- il legislatore statale può legittimamente imporre agli enti autonomi vincoli alle politiche di bilancio, pur se solo con "disciplina di principio" e "per ragioni di coordinamento finanziario connesse ad obiettivi nazionali, condizionati anche dagli obblighi comunitari"; con la conseguenza che, una volta che la legge statale abbia prescritto criteri ed obiettivi (ad esempio: contenimento della spesa pubblica), sta alle autonomie regionali e agli enti locali, adottare nel dettaglio gli strumenti concreti per raggiungere quegli obiettivi.

P.Q.M.

la Corte dei conti

Sezione Regionale di Controllo per la Campania

rende il richiesto parere nei termini di cui in motivazione.

Copia della presente deliberazione sarà trasmessa, per il tramite del Servizio di supporto, all'Amministrazione interessata.

Così deliberato in Napoli, nella camera di consiglio del 4 maggio 2017.

Il Cons. Estensore

Rossella Cassaneti

Il Presidente

Giovanni Coppola

Depositata in Segreteria il 04 maggio 2017.

Il Direttore della Segreteria

Dott. Mauro Grimaldi

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