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Data di pubblicazione: 27 febbraio 2017
Data di riferimento: 27 febbraio 2017

9397

Cassazione

CORTE CASSAZIONE sentenza del 27 febbraio 2017, n. 9397

 

 

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

QUARTA SEZIONE PENALE

 

ha pronunciato la seguente

 

Sentenza

 

Ritenuto in fatto

 1. Con sentenza emessa in data 14/05/2015 il Tribunale di Nuoro ha riconosciuto (...)  colpevole del reato di cui all'art. 189, comma 6, D.Lgs. 285/92 (perché essendosi verificato un incidente stradale per fatto riconducibile alla sua condotta di guida dell'autovettura ... targata ..., non ottemperava all'obbligo di fermarsi e di prestare soccorso pur essendosi prodotto un danno alle persone. In particolare, in Nuoro il 05/06/2008, procedendo a forte velocità lungo via Gramsci, nei pressi dei locali della "...", dopo aver urtato nella parte posteriore sinistra l'autovettura ... di colore nero targata ... condotta da (...)  così cagionando al medesimo lesioni personali giudicate guaribili in giorni 12 s.c. si dava a precipitosa fuga) e, concesse le attenuanti generiche, lo condannava alla pena di mesi 4 di reclusione oltre al pagamento delle spese processuali, con pena sospesa ed applicazione della sanzione amministrativa accessoria della sospensione della patente di guida per la durata di 1 anno.

 1.1. Con la sentenza n. 230 del 23/03/2016, la Corte di Appello di Cagliari - sez. dist. di Sassari - confermava la sentenza di primo grado.

 2. Avverso tale sentenza di appello propone ricorso per cassazione (...) , a mezzo del proprio difensore, lamentando (in sintesi giusta il disposto di cui all'art. 173, comma 1, disp. att. cod. proc. pen.):

I) Violazione di legge in relazione all'art. 189, comma 6, C.d.S. e contraddittorietà o manifesta illogicità della motivazione risultante dal testo della sentenza impugnata e da altri atti acquisiti in causa. Deduce che la Corte territoriale non ha considerato che dagli atti emergono circostanze che hanno indotto l'imputato ad allontanarsi dal luogo del sinistro, dopo essersi accertato che il (...)  non aveva riportato alcuna lesione in conseguenza dell'urto, sia al fine di consentire il normale deflusso del traffico sia perché l'imputato temeva per la sua incolumità, essendo stato nel contesto assalito verbalmente dal (...)  stesso che nella occasione era accompagnato da numerosi suoi conoscenti.

 

Sostiene che sul punto, la contraddittorietà della sentenza della Corte territoriale appare manifesta, in quanto da un lato detto Giudice dà esplicitamente atto del visibile atteggiamento di contrarietà della persona offesa per aver subito un danno alla macchina mentre nel contempo ha escluso, non si capisce sulla base di quale prova e/o ragionamento, che detto atteggiamento potesse ingenerare nell'imputato un fondato timore di vedersi aggredito non solo verbalmente dai (...) , (...)  e (...) , tanto da indurre il ricorrente ad una fuga repentina quando una reazione identica a quella posta in essere dal ricorrente era ed è da considerarsi del tutto plausibile;

Il) Violazione di legge in relazione all'art. 189, comma 6, C.d.S. e contraddittorietà o manifesta illogicità della motivazione risultante dal testo della sentenza impugnata e da altri atti acquisiti in causa. Deduce che già con l'atto d'appello si era sottolineato che nel caso di specie difetta in assoluto l'elemento psicologico del reato contestato posto che, preso atto del fatto che il (...)  conosceva sia il (...)  che il (...) , e che lo stesso (...)  non aveva nella occasione riportato alcun danno fisico, non avrebbe avuto alcun senso allontanarsi del tutto immotivatamente dal luogo del sinistro, circostanza questa oltre modo dimostrata dal fatto che lo stesso (...)  è stato integralmente risarcito dalla compagnia di assicurazione del mezzo condotto dall'imputato tanto da escludere che il ricorrente volesse sottrarsi al le proprie responsabilità, diversamente da quanto ritenuto dal Giudice;

III) Violazione di legge in relazione all'art. 189, comma 6, C.d.S. e all'art. 47, comma 2, c.p. nonché contraddittorietà o manifesta illogicità della motivazione risultante dal testo della sentenza impugnata e da altri atti acquisiti in causa. Deduce che il (...)  ha agito nella convinzione di non commettere alcuna azione criminosa, essendosi allontanato dal luogo del sinistro soltanto dopo aver verificato le condizioni di salute del (...)  e nel timore che questi ed i suoi amici potessero causargli del male per i danni cagionati alla vettura del lo stesso (...)  Sostiene che la Corte territoriale non coglie nel segno laddove ha escluso l'applicabilità al caso concreto dell'art. 47, comma 2, c.p. non avendo inteso quali sono state le reali ragioni che nel caso concreto hanno indotto in errore l'odierno istante.

 

Considerato in diritto

 

3. Il ricorso è manifestamente infondato.

 3.1. Va premesso che, nel caso di doppia conforme, le motivazioni della sentenza dì primo grado e di appello, fondendosi, sì integrano a vicenda, confluendo in un risultato organico ed inscindibile al quale occorre in ogni caso fare riferimento per giudicare della congruità della motivazione.

 3.2. Occorre, inoltre, evidenziare che il ricorrente ignora le analitiche ragioni esplicitate dal giudice di appello per rigettare analoghi motivi di gravame.

 3.3. La Corte territoriale ha, in vero, fornito puntuale spiegazione del ragionamento posto a base della propria sentenza procedendo alla coerente e corretta disamina di ogni questione di fatto e di diritto.

 3.4. Sul punto va ricordato che il controllo del giudice di legittimità sui vizi della motivazione attiene alla coerenza strutturale della decisione di cui si saggia la oggettiva tenuta sotto il profilo logico argomentativo, restando preclusa la rilettura degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione e l'autonoma adozione di nuovi e diversi parametri di ricostruzione e valutazione dei fatti (tra le varie, cfr. sez. 4, n. 31224 del 16/06/2016).

 3.5. Ancora, la giurisprudenza ha affermato che l'illogicità della motivazione per essere apprezzabile come vizio denunciabile, deve essere evidente, cioè di spessore tale da risultare percepibile ictu oculi, dovendo il sindacato di legittimità al riguardo essere limitato a rilievi di macroscopica evidenza, restando ininfluenti le minime incongruenze e considerandosi disattese le deduzioni difensive che, anche se non espressamente confutate, siano logicamente incompatibili con la decisione adottata, purché - come nel caso in esame - siano spiegate in modo logico e adeguato le ragioni del convincimento (sez. 3, n. 35397 del 20/6/2007; Sez. Unite n. 24 del 24/11/1999, Spina, Rv. 214794).

 3.6. Più di recente è stato ribadito come ai sensi di quanto disposto dall'art. 606 c.p.p., comma 1, lett. e), il controllo di legittimità sulla motivazione non attiene né alla ricostruzione dei fatti né all'apprezzamento del giudice di merito, ma è circoscritto alla verifica che il testo dell'atto impugnato risponda a due requisiti che lo rendono insindacabile:

a)

l'esposizione delle ragioni giuridicamente significative che lo hanno determinato;

b)

l'assenza di difetto o contraddittorietà della motivazione o di illogicità evidenti, ossia la congruenza delle argomentazioni rispetto al fine giustificativo del provvedimento. (sez. 2, n. 21644 del 13/2/2013, Badagliacca e altri, Rv. 255542).

 3.7. Il sindacato demandato a questa Corte sulle ragioni giustificative della decisione ha dunque, per esplicita scelta legislativa, un orizzonte circoscritto. Non c'è, in altri termini, come richiesto nel ricorso in scrutinio, la possibilità di andare a verificare se la motivazione corrisponda alle acquisizioni processuali. Il giudice di legittimità non può procedere ad una rinnovata valutazione dei fatti ovvero ad una rivalutazione del contenuto delle prove acquisite, trattandosi di apprezzamenti riservati in via esclusiva al giudice del merito.

 3.8. In realtà il ricorrente, sotto il profilo del vizio di motivazione e dell'asseritamente connessa violazione nella valutazione del materiale probatorio, tenta di sottoporre a questa Corte di legittimità un nuovo giudizio di merito. In sostanza, in tema di motivi di ricorso per cassazione, non sono deducibili censure attinenti a vizi della motivazione diversi dalla sua mancanza, dalla sua manifesta illogicità, dalla sua contraddittorietà (intrinseca o con atto probatorio ignorato quando esistente, o affermato quando mancante), su aspetti essenziali ad imporre diversa conclusione del processo; per cui sono inammissibili tutte le doglianze che "attaccano" la persuasività, l'inadeguatezza, la mancanza di rigore o di puntualità, così come quelle che sollecitano una differente comparazione dei significati probatori da attribuire alle diverse prove o evidenziano ragioni in fatto per giungere a conclusioni differenti sui punti dell'attendibilità, della credibilità, dello spessore della valenza probatoria del singolo elemento (cfr. sez. 2, n. 38393 del 20/07/2016; sez. 6, n. 13809 del 17/03/2015, Rv. 262965).

 4. Ciò posto, in replica alle censure - da trattarsi congiuntamente poiché logicamente avvinte - basterà, per completezza, evidenziare che il giudice dell'appello ha fatto buon uso dei principi fissati da questa Corte, secondo i quali l'elemento soggettivo del reato previsto dall'art. 189 C.d.S., comma 6, è integrato anche in presenza del dolo eventuale, ravvisabile in capo all'utente della strada il quale, in caso di incidente comunque ricollegabile al suo comportamento ed avente connotazioni tali da evidenziare in termini di immediatezza la concreta eventualità che dall'incidente sia derivato danno alle persone, non ottemperi all'obbligo di fermarsi. In altre parole, per la punibilità è necessario che ogni componente del fatto tipico (segnatamente il verificarsi di un sinistro idoneo ad arrecare danno alle persone, collegabile al comportamento dell'agente) sia conosciuta e voluta dall'agente. A tal fine, è però sufficiente anche il dolo eventuale, che si configura normalmente in relazione all'elemento volitivo, ma che può attenere anche all'elemento intellettivo, quando l'agente consapevolmente rifiuti di accertare la sussistenza degli elementi in presenza dei quali il suo comportamento costituisce reato, accettandone per ciò stesso il rischio: ciò significa che, rispetto alla verificazione del danno alle persone eziologicamente collegato all'incidente, è sufficiente che, per le modalità di verificazione di questo e per le complessive circostanze della vicenda, l'agente si rappresenti la probabilità - o anche la semplice possibilità - che dall'incidente sia derivato un danno alle persone e, pur tuttavia, accettandone il rischio, ometta di fermarsi (cfr. Sez. 4, n. 11195 del 12/02/2015; Sez. 4, n. 17220 del 06/03/2012, Turcan, Rv. 252374; Sez. 6, n. 21414 del 16/02/2010, Casule, Rv. 247369).

 4.1.In ogni caso il successivo comportamento del (...)  non sostanzia l'immediato arresto sul posto e concreta un post factum non elidente il già consumato reato. Infatti, il reato di fuga in caso di incidente nel quale risulti coinvolta una persona ha natura di reato omissivo di pericolo e si perfeziona istantaneamente nel momento in cui il conducente del veicolo investitore viola l'obbligo di fermarsi, ponendo in essere, con il semplice allontanamento, una condotta contraria al precetto di legge. Il reato predetto sussiste, pertanto, anche se il conducente allontanandosi abbia agito in modo da rendere possibile la sua identificazione, dato che la finalità della norma è anche quella di rendere possibile l'accertamento immediato delle modalità e circostanze dell'incidente (cfr. Sez. 4, n. 11195 del 12/02/2015; Sez. 4, n. 4840 del 24/01/1991 De Patre, Rv. 187827).

 4.2. Mette conto, infine, dare atto che la Corte territoriale ha, incensurabilmente, "escluso la sussistenza di una causa di giustificazione - per la difesa il (...)  si sarebbe dato alla fuga per timore che le persone intervenute dopo il sinistro potessero reagire violentemente - in quanto non supportata da alcun dato di fatto concreto, idoneo a giustificare il convincimento dell'imputato di trovarsi in uno stato di necessità". Sul punto va rammentato che, in tema di cause di giustificazione, l'allegazione da parte dell'imputato dell'erronea supposizione della sussistenza dello stato di necessità deve basarsi non già su un mero criterio soggettivo, riferito al solo stato d'animo dell'agente, bensì su dati di fatto concreti, tali da giustificare l'erroneo convincimento in capo all'imputato di trovarsi in tale stato (cfr. Sez. 6, n. 18711 del 21/03/2012, Rv. 252636).

 

4.3. Di qui la manifesta infondatezza del ricorso in scrutinio.

 5. Ai sensi dell'art. 616 cod. proc. pen., con il provvedimento che dichiara inammissibile il ricorso, il ricorrente deve essere condannato al pagamento delle spese del procedimento, nonché - non ravvisandosi motivi di esclusione della colpa nella determinazione della causa di inammissibilità (cfr. Corte costituzionale sentenza n. 186 del 2000) - al pagamento a favore della Cassa delle ammende di una somma che si stima equo determinare in € 2.000,00.

 

Per questi motivi

 Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di € 2.000,00 in favore della cassa delle ammende.

 

Così deciso il 24 gennaio 2017.

 

 

 

Depositato in Cancelleria il 27 febbraio 2017. 

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