Data di pubblicazione:
25 giugno 2010
Vizi e virtù dei pordenonesi visti da un vigile urbano
Fonte:
Messaggero Veneto
Regione:
Friuli-Venezia Giulia
«Che cosa c'è nel lavoro e nella vita di un vigile urbano di una città come Pordenone? Quale evoluzione, quali cambiamenti hanno interessato il suo lavoro e i suoi compiti tra gli anni Sessanta e gli anni Novanta, l'arco di attività che ha coinciso con uno dei periodi più intensi e cruciali dì Pordenone?».
Comincia così la prefazione del sindaco Sergio Bolzonello al libro "Un vigile urbano racconto", scritto dal maresciallo della polizia municipale e collaboratore della procura della Repubblica per le pratiche edilizie, oggi in quiescenza, Paolo Zoppelletto per le Edizioni L'Omino Rosso di Orazio Cantiello. Stasera alle 20.30 il volume, che ripercorre la storia e i personaggi della città, dai giorni dell'alluvione del 1966 a figure mai dimenticati dai pordenonesi doc come Gigi Karatè a Toni ombra, sarà presentato all'interno del chiostro della nuova biblioteca multimediale di piazza XX Settembre a Pordenone. Non mancano anche riferimenti molto precisi ad abusi edilizi e pratiche politiche non troppo per la quale. Ma così andava il mondo... Su gentile concessione dell'autore e della casa editrice, pubblichiamo alcuni stralci del libro.
Multa all'assessore. Un giorno un assessore, trovando l'autobotte comunale ferma alla fine di corso Vittorio Emanuele II, ebbe la brillante idea di lavarsi l'auto proprio sul piazzale davanti al municipio. Arrivando in sella alla mia bicicletta di servizio, gli contestai una multa di mille lire per lavaggio dell'auto sul suolo pubblico. L'assessore se ne risentì, poiché attorno a noi si era subito formato un capannello di curiosi e lui si sentiva deriso. Volle il verbale con l'intenzione di farsi annullare la contravvenzione, ma poi la pagò come qualsiasi altro cittadino. Ho nominato la bicicletta in quanto, a quei tempi, tutti i vigili usavano quel mezzo personale ed in cambio l'amministrazione comunale corrispondeva, mensilmente nella busta paga, un'indennità di tremila lire con la dicitura: "Indennità bicicletta".
La formazione. L'insegnamento dei segnali manuali lo eseguiva il collega Castelluzzo. Ad inizio giornata, accompagnava i nuovi vigili all'incrocio tra via Molinari e via San Quirino e metteva al centro dell'incrocio una pedana per mostrarci come si doveva dirigere il traffico. I passanti si giravano a guardarlo. Alto, corpo eretto, braccia ben distese, un fisico da atleta. Era uno spettacolo! Poi salivamo noi principianti, uno alla volta, ancora senza la divisa, e lui al nostro fianco ci impartiva i vari movimenti da eseguire. Al termine delle lezioni, il proprietario del negozio di generi alimentari, che aveva l'attività a lato dell'incrocio, ci chiamava per offrirci uno spuntino. Ci ringraziava per il lavoro che svolgevamo e ci diceva: «Ricordatevi che, se sbaglio, dovete farmi la contravvenzione; poi starò più attento, ne va della mia vita».
La punizione. Un giorno il collega Aldo Piccinin pensò di punire quelle signore che non lo ascoltavano. Comperò un ditale e, all'estremità, vi infilò un chiodo. Passava vicino alle biciclette e, con un semplice tocco, forava una ruota. Nelle vicinanze c'era un meccanico il quale, trovandosi un aumento di lavoro per le forature, avvertì il comandante di controllare la pavimentazione del corso: doveva esserci qualche cosa che forava i pneumatici. Nessuno sapeva che quella era invece opera del buon Aldo. La cosa venne formalmente alla luce quando Piccinin, oramai ammalato, si confidò con un collega: non vi erano chiodi sull'asfalto ma era stato lui che, anziché fare la contravvenzione, aveva pensato di punire con minor spesa e con uguale risultato coloro che non lo ascoltavano.
Avances. Il veicolo accostò al lato della strada davanti al panificio Piccinin di via Montello. Dopo il saluto di rito, chiesi la patente ed il libretto di circolazione. La via era completamente buia. Per non essere investito da qualche veicolo, girai attorno all'auto stessa e mi misi sul suo lato destro. All'interno vi erano il conducente e una signora che si dichiarò sua moglie. Alla mia contestazione dell'infrazione il conducente cominciò a piangere battendo ripetutamente la testa sul volante, sostenendo che aveva appena litigato con la moglie, che era nervoso e non si era accorto dei fari abbaglianti. Ripeteva: «Mi perdoni, mi perdoni signor vigile». La moglie si intromise: «Signor vigile, lasci correre, abbiamo appena litigato, io so che lei è buono». Mentre diceva questo cercava di infilare una mano sotto il mio cappotto. Indietreggiai, la donna mi riafferrò tirandomi verso di lei. Il mio imbarazzo fu enorme, non sapevo più cosa fare. Se le avessi detto di lasciarmi, chissà quale sarebbe stata la reazione del marito. Cedere alla sue intenzioni non mi pareva il caso! Decisi di tenere una linea di rigore e inflessibilità ed esclamai: «Signora sarò buono, sarò bravo, però lasci che io faccia il mio dovere e lei cerchi di smetterla». Se l'avessi lasciata fare chissà fino a dove si sarebbe spinta pur di corrompermi. Compilai il verbale a tempo di record, forse inserendovi anche degli errori, ma non vedevo l'ora di uscire da quella situazione.
Fonte: Messaggero Veneto
Comincia così la prefazione del sindaco Sergio Bolzonello al libro "Un vigile urbano racconto", scritto dal maresciallo della polizia municipale e collaboratore della procura della Repubblica per le pratiche edilizie, oggi in quiescenza, Paolo Zoppelletto per le Edizioni L'Omino Rosso di Orazio Cantiello. Stasera alle 20.30 il volume, che ripercorre la storia e i personaggi della città, dai giorni dell'alluvione del 1966 a figure mai dimenticati dai pordenonesi doc come Gigi Karatè a Toni ombra, sarà presentato all'interno del chiostro della nuova biblioteca multimediale di piazza XX Settembre a Pordenone. Non mancano anche riferimenti molto precisi ad abusi edilizi e pratiche politiche non troppo per la quale. Ma così andava il mondo... Su gentile concessione dell'autore e della casa editrice, pubblichiamo alcuni stralci del libro.
Multa all'assessore. Un giorno un assessore, trovando l'autobotte comunale ferma alla fine di corso Vittorio Emanuele II, ebbe la brillante idea di lavarsi l'auto proprio sul piazzale davanti al municipio. Arrivando in sella alla mia bicicletta di servizio, gli contestai una multa di mille lire per lavaggio dell'auto sul suolo pubblico. L'assessore se ne risentì, poiché attorno a noi si era subito formato un capannello di curiosi e lui si sentiva deriso. Volle il verbale con l'intenzione di farsi annullare la contravvenzione, ma poi la pagò come qualsiasi altro cittadino. Ho nominato la bicicletta in quanto, a quei tempi, tutti i vigili usavano quel mezzo personale ed in cambio l'amministrazione comunale corrispondeva, mensilmente nella busta paga, un'indennità di tremila lire con la dicitura: "Indennità bicicletta".
La formazione. L'insegnamento dei segnali manuali lo eseguiva il collega Castelluzzo. Ad inizio giornata, accompagnava i nuovi vigili all'incrocio tra via Molinari e via San Quirino e metteva al centro dell'incrocio una pedana per mostrarci come si doveva dirigere il traffico. I passanti si giravano a guardarlo. Alto, corpo eretto, braccia ben distese, un fisico da atleta. Era uno spettacolo! Poi salivamo noi principianti, uno alla volta, ancora senza la divisa, e lui al nostro fianco ci impartiva i vari movimenti da eseguire. Al termine delle lezioni, il proprietario del negozio di generi alimentari, che aveva l'attività a lato dell'incrocio, ci chiamava per offrirci uno spuntino. Ci ringraziava per il lavoro che svolgevamo e ci diceva: «Ricordatevi che, se sbaglio, dovete farmi la contravvenzione; poi starò più attento, ne va della mia vita».
La punizione. Un giorno il collega Aldo Piccinin pensò di punire quelle signore che non lo ascoltavano. Comperò un ditale e, all'estremità, vi infilò un chiodo. Passava vicino alle biciclette e, con un semplice tocco, forava una ruota. Nelle vicinanze c'era un meccanico il quale, trovandosi un aumento di lavoro per le forature, avvertì il comandante di controllare la pavimentazione del corso: doveva esserci qualche cosa che forava i pneumatici. Nessuno sapeva che quella era invece opera del buon Aldo. La cosa venne formalmente alla luce quando Piccinin, oramai ammalato, si confidò con un collega: non vi erano chiodi sull'asfalto ma era stato lui che, anziché fare la contravvenzione, aveva pensato di punire con minor spesa e con uguale risultato coloro che non lo ascoltavano.
Avances. Il veicolo accostò al lato della strada davanti al panificio Piccinin di via Montello. Dopo il saluto di rito, chiesi la patente ed il libretto di circolazione. La via era completamente buia. Per non essere investito da qualche veicolo, girai attorno all'auto stessa e mi misi sul suo lato destro. All'interno vi erano il conducente e una signora che si dichiarò sua moglie. Alla mia contestazione dell'infrazione il conducente cominciò a piangere battendo ripetutamente la testa sul volante, sostenendo che aveva appena litigato con la moglie, che era nervoso e non si era accorto dei fari abbaglianti. Ripeteva: «Mi perdoni, mi perdoni signor vigile». La moglie si intromise: «Signor vigile, lasci correre, abbiamo appena litigato, io so che lei è buono». Mentre diceva questo cercava di infilare una mano sotto il mio cappotto. Indietreggiai, la donna mi riafferrò tirandomi verso di lei. Il mio imbarazzo fu enorme, non sapevo più cosa fare. Se le avessi detto di lasciarmi, chissà quale sarebbe stata la reazione del marito. Cedere alla sue intenzioni non mi pareva il caso! Decisi di tenere una linea di rigore e inflessibilità ed esclamai: «Signora sarò buono, sarò bravo, però lasci che io faccia il mio dovere e lei cerchi di smetterla». Se l'avessi lasciata fare chissà fino a dove si sarebbe spinta pur di corrompermi. Compilai il verbale a tempo di record, forse inserendovi anche degli errori, ma non vedevo l'ora di uscire da quella situazione.
Fonte: Messaggero Veneto
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